Il Consiglio dei Ministri approva un nuovo decreto contro la criminalità minorile

La lotta alle gang, alle baby gang e alla cultura della violenza torna ad essere una priorità per il Governo Meloni, piegato dai malumori popolari dovuti alle false promesse e alla crisi, ma il problema sociale è molto più ampio di quanto si creda.

“Decreto Caivano”, un luogo divenuto simbolo della brutalità e della criminalità, anche minorile, nel nostro Paese dopo lo stupro di due 13enni e la visita, tra le minacce i dubbi sulla sicurezza, del Presidente del Consiglio.

Così è stato soprannominato il nuovo decreto contro la criminalità minorile e le cosiddette “baby-gang” spesso formate nel nord Italia da immigrati di seconda generazione, come avviene nelle banlieue francesi, o dagli autoctoni in condizioni di forte disagio sociale nel sud Italia, da sempre interessato da una grande crisi istituzionale e culturale, rafforzata da modelli sbagliati di film e romanzi che vedono nei mafiosi e nei gangster gli eroi di questi ragazzi altrimenti senza futuro né speranze.

E poi ci sono loro, i cosiddetti trapper, con i testi che esaltano la violenza, insultano le forze dell’ordine, e innegiano al crimine e alla galera, virali sui social, su Tik Tok e YouTube e poi, spesso, davvero condannati per crimini efferati. Il carcere non ferma però la loro discutibile “vena creativa” e diventa presto ulteriore motivo di vanto e d’ “ispirazione”.

A tentare di porre freno a tutto questo, un nuovo, flebile, decreto varato oggi dal Consiglio dei Ministri. Il “Decreto Caivano” per l’appunto.

La nuova misura legislativa, non appena terminerà l’iter di approvazione, prevede nuove e più severe misure urgenti di contrasto al disagio giovanile, alla povertà educativa e alla criminalità minorile. 

Scendendo nei particolari si individuano nuove fattispecie normative quali, per un soggetto condannato, anche con sentenza non definitiva, per delitti contro la persona, il patrimonio ovvero inerenti ad armi o droga, il questore può proporre al tribunale il divieto di utilizzare “piattaforme o servizi informatici e telematici specificamente indicati nonché il divieto di possedere telefoni cellulari” fin dai 14 anni di età. Nessuno sconto.

Oltre a ciò nei confronti di chi “era tenuto alla sorveglianza del minore o all’assolvimento degli obblighi educativi sarà applicata la sanzione amministrativa pecuniaria da 200 euro a 1.000 euro, salvo che non provi di non aver potuto impedire il fatto”.

Il provvedimento abroga infine l’articolo del codice penale che prevede una multa di 30 euro e aggiunge un nuovo articolo che punisce fino a due anni di carcere “chiunque, rivestito di autorità o incaricato della vigilanza sopra un minore, omette, senza giusto motivo, d’impartirgli o di fargli impartire l’istruzione obbligatoria”.

Piccoli passi avanti che rappresentano però una piccola goccia d’acqua in un immenso oceano di liquami in cui l’Italia è oramai immersa.

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