Un’inchiesta condotta dalle autorità giudiziarie di Napoli ha portato alla luce una situazione allarmante relativa alla gestione dei rifiuti speciali in una ex cava della città.
L’imprenditore locale Bruno Sansone, 49 anni, è stato accusato di aver trasformato il sito in una discarica illegale, seppellendo tra i 200.000 e i 250.000 tonnellate di rifiuti pericolosi, inclusi materiali contenenti amianto.
Le indagini, svolte dalla Polizia locale, dal Nucleo operativo ecologico dei Carabinieri e dalla Guardia di Finanza, hanno evidenziato come l’attività dell’imprenditore abbia gravemente compromesso la salute pubblica, esponendo la popolazione a rischi significativi. Sansone, già noto alle cronache per vicende simili, è stato posto agli arresti domiciliari, con l’accusa di inquinamento e disastro ambientale.
Il caso ha suscitato grande preoccupazione tra i cittadini, soprattutto per le dimensioni del danno ambientale causato. Gli investigatori hanno paragonato il volume dei rifiuti smaltiti illecitamente a quello di un edificio di 7-8 piani con una base di 90 metri per lato. Le analisi effettuate dall’Agenzia regionale per la protezione ambientale della Campania hanno confermato la gravità della situazione.
Tra i rifiuti sotterrati vi erano anche quelli provenienti dai lavori di costruzione della fermata della metropolitana di Capodichino, per i quali la società di Sansone aveva ricevuto il subappalto. A seguito delle scoperte, il giudice ha imposto all’imprenditore l’interdizione dall’esercizio dell’attività.
La condotta di Sansone è stata definita dagli investigatori come un grave attentato all’equilibrio naturale del sito, con conseguenze che richiederanno interventi di bonifica estremamente costosi e complessi. La zona, densamente popolata, è ora esposta a un inquinamento che minaccia la salute pubblica.
La contaminazione dell’area era già stata rilevata nel 2013, e nonostante gli avvertimenti del Ministero dell’Ambiente e le analisi dell’Istituto Superiore per le ricerche ambientali (Ispra), non sono stati intrapresi interventi adeguati. In relazione alla mancata bonifica, Sansone aveva già ricevuto un sequestro di beni per tre milioni di euro, a causa della sua inerzia nonostante l’appalto ricevuto.
Questo episodio solleva nuovamente il problema della gestione dei rifiuti in Italia e la necessità di un controllo più efficace e di politiche ambientali più rigorose per prevenire simili catastrofi ecologiche, soprattutto considerando che la Campania, per via della tradizione criminale del settore, già dimostrate dalla nota vicenda della “terra dei fuochi”, è particolarmente esposta a vicende di questo tipo.