Arrestato il boss dell’Ndrangheta Pasquale Bonavota

Dopo la cattura di Messina Denaro era il latitante più pericoloso in Italia, le manette sono scattate a Genova.

Genova, come in film il Super Boss è stato seguito dai Carabinieri nella Cattedrale, dove lo hanno trovato intento a pregare. Dopo aver finito di rivolgersi a Dio ha alzato lo sguardo verso i militari: “Siete sicuri che sia io il Pasquale che state cercando?” Era proprio lui il super boss primo nella lista del ministero dell’Interno dei latitanti di massima pericolosità del “programma speciale di ricerca” del gruppo Interforze, ricercato dal 2018. Molto smagrito e dimesso rispetto alle foto di identificazione diffuse i Carabinieri hanno rinvenuto durante la perquisizione della sua abitazione, affittata tramite agenzia, una decina di telefoni cellulari, 20mila euro in contanti, ben quattro carte di identità false e diversi abbonamenti dei mezzi pubblici. Fondamentale per rintracciarlo, al seguito di una lunga indagine che ha visto cooperare il Ros di Roma e i comandi provinciali di Genova e Vibo Valentia, gli accertamenti attuati sulla cerchia di contatti del boss, in particolare sulla moglie, un’insegnante residente a Sampierdarena.

Le forze dell’ordine erano sulle sue tracce dopo che il Tribunale di Catanzaro aveva emesso un’ordinanza cautelare nell’ambito dell’indagine ‘Rinascita – Scott’ del Ros. Sono stati avviati al contempo ulteriori accertamenti per ricostruire la rete di fiancheggiatori di cui si è servito durante la latitanza. Le indagini sulla sua cattura sono state coordinate dal procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, a capo della Dda che ha istruito il maxiprocesso in corso nell’aula bunker di Lamezia Terme. Il super boss resta attualmente agli arresti per  associazione mafiosa e  omicidio aggravato in concorso, ma non è per nulla nuovo alla magistratura: ha ottenuto la prima denuncia per furto continuato in concorso a soli 13 anni, per poi continuare la carriera mafiosa e diventare una figura di spicco della Cosca Bonavota. Secondo l’accusa il fulcro dei suoi interessi erano i comuni torinesi di Moncalieri e Carmagnola. 

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