Cina-Taiwan: tensione alle stelle

La Cina, in opposizione alla politica estera statunitense, sta conducendo diverse esercitazioni militari intorno all'isola di Formosa.

La Cina ha lanciato un monito deciso e convinto con ben tre giorni di esercitazioni militari. A scatenare l’ ira di Pechino l’incontro di mercoledì a Los Angeles tra la presidente taiwanese Tsai Ing-wen e lo speaker della Camera americana Kevin McCarthy. Già nel primo giorno sono stati simulati attacchi contro “obiettivi chiave”. Secondo il ministero della Difesa di Taiwan, intorno all’isola ci sarebbero una decina di navi da guerra e una settantina di aerei cinesi. Gli Stati Uniti, dopo aver provocato il gigante asiatico,  hanno ora sollecitato la Cina alla “moderazione” e si dicono pronti a sostenere in ogni modo Taipei.

L’emittente statale cinese Cctv ha spiegato come l’aviazione abbia schierato decine di aerei al fine di “volare nello spazio aereo dell’obiettivo” e di come le forze di terra si siano esercitate negli “attacchi di precisione su più obiettivi”. Oltre a “simulare attacchi di precisione congiunti contro obiettivi chiave sull’isola di Taiwan e nelle acque circostanti”.

Nel frattempo Washington “sta monitorando da vicino le azioni di Pechino” intorno all’isola, considerata da Xi Jinping una ‘provincia ribelle’ da riunificare alla madrepatria. Una posizione sostenuta con fermezza dalla Cina continentale, fin dai tempi della Guerra Civile. All’  epoca i comunisti trionfarono sui nazionalisti filo-occidentali, che si videro costretti a trovare rifugio proprio nell’ isola di Formosa, riacquisita dai giapponesi al termine del secondo conflitto mondiale.

La questione è rimasta irrisolta fino ai giorni nostri, anche se la “Repubblica di Cina” (Taipei) , pur essendo de facto indipendente, rimane uno stato a riconoscimento fortemente limitato. Basti pensare che Taiwan non risulta nemmeno tra i membri dell’Onu e che, pur essendo stato membro fondatore delle Nazioni Unite fin dal 1945, si vide poi espulso dall’ organizzazione nel 1971 dopo il riconoscimento della Repubblica Popolare Cinese, a cui fu costretta a cedere anche il proprio posto all’interno dell’esclusivo club dei membri permanenti del Consiglio di Sicurezza.

 

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