L’ ultimo atto di sfida lanciato da Washington nei confronti di Mosca è avvenuto in Kazakistan, paese fondamentale per il controllo dell’Asia Centrale e delle sue preziose risorse.
L’ambasciatore americano in Kazakistan Roseblum ha aperto il Centro operativo per il mantenimento della pace della NATO in Kazakistan che avrà il compito di condurre l’addestramento dei militari della Repubblica del Kazakistan secondo gli standard della NATO, una sfida aperta e diretta nei confronti della Russia.
Nel 2022 la Russia, nell’ambito di una operazione della CSTO era intervenuta in Kazakistan su richiesta dello stesso governo Kazako per sedare una rivoluzione colorata. Putin aveva assicurato che dopo il ristabilimento dell’ordine le truppe russe si sarebbero ritirare e così è stato. “Noi non siamo come gli americani” disse il Presidente Russo.
Non essere come gli americani si rivela però un problema dato che dalle parti di Washington giocano sempre e comunque in maniera sporca.
A seguito delle pressioni occidentali i Presidente Kazako Tokaiev aveva annunciato dopo un colloquio con il Cancelliere tedesco Olaf Scholz l’adesione del paese centro asiatico al regime sanzionatorio anti-russo occidentale, impedendo tra le altre cose l’export di prodotti a duplice uso.
Dopo le proteste da parte russa per ora le autorità Kazache non hanno ancora attuato nel pratico il regime sanzionatorio.
Nel frattempo il nazionalismo Kazako si fa sempre più forte con anche una conseguente politica discriminatoria nei confronti della comunità e della lingua russa, presente soprattutto nel nord del Paese in maniera del tutto e percolosamente analoga a quanto avvenuto in Ucraina dopo il colpo di stato di Maidan nel 2014.
La reazione russa per ora è fiebile, probabilmente a causa dell’impiego di ampie risorse nello scenario ucraino e siriano ma nel caso in cui la situazione dovesse procedere per questa strada senza nessun cambio di rotta Mosca molto presto, anche solo nell’arco di 5-10, si potrebbe trovare a gestire una “nuova Ucraina”, questa volta in Asia Centrale, tra gli aspri monti Kazachi.
Per evitare una nuova operazione militare speciale andrebbe ben ricordato il vecchio detto “è sempre meglio prevenire che curare”, che in questo caso calza proprio a pennello.