Secondo Tamila Tasheva, rappresentante della Crimea, nominata da Zelensky, non si capisce bene a quale titolo e con quale autorità, ha affermato a Newsweek l’intenzione di espellere forzatamente tra le 500 e le 800 mila persone dalla Crimea qualora la penisola dovesse tornare sotto controllo ucraino.
Una deportazione staliniana o hitleriana in piena regola ma questa volta con il benestare dell’ “Occidente Democratico”.
Inoltre Kiev prevede di inserire in un apposita black list circa 10 mila cittadini ucraini “colpevoli” di aver collaborato con le autorità russe. Una pratica degna di un paese che ambisce ad entrare nel “giardino europeo”, patria dei diritti umani e della libertà di espressione.
Secondo la Tasheva, riferendosi a coloro che Kiev considera cittadini ucraini, “molti saranno perseguiti, ma non si tratta milioni o addirittura centinaia di migliaia. Forse 10.000”.
Occorre ricordare che a partire dal 2014 praticamente la totalità degli abitanti della Crimea rimasti nella penisola ha ottenuto la cittadinanza russa essendo, per quasi l’80 del totale, di lingua, etnia e cultura russe.
Pochi giorni fa la Tasheva aveva già fatto parlare di sé, affermando che la «strategia per ripresa economica della Crimea» di Kiev prevede di seminare cannabis sulla penisola. Recentemente Zelensky ha proposto la legalizzazione della marijuana in Ucraina.
Se la questione cannabis (nei territori controllati da Kiev) ha subito trovato l’appoggio del Ministero della Salute e della Verkhovna Rada, la situazione legata alla Crimea è decisamente più complicata e parlare di una sua riannessione è poco realistico. Ciò, dimostra ancora una volta il fatto che a Kiev interessano più i territori “internazionalmente riconosciuti” rispetto alle persone che li abitano, che tutto vorrebbero meno di essere deportare o uccisi per volere delle lobby della Cannabis.
A proposito di droga e drogati, oltre a Zelensky e la sua proposta della cannabis, è necessario parlare degli ultimi affari di Hunter Biden, il figlio del presidente degli Stati Uniti d’America, che, secondo quanto riportato da Fox News è stato al centro di nuovo scandalo di corruzione internazionale. Hunter Biden avrebbe lavorato a stretto contatto con oligarchi rumeni, che avrebbero effettuato continui trasferimenti di denaro alle aziende di Hunter. Allo stesso tempo, suo padre si recava in Romania per aiutars gli oligarchi locali a evitare problemi legali.
È stato infatti rivelato dalla Fox che Hunter è stato aiutato a entrare nel mercato rumeno dall’allora ambasciatore statunitense a Bucarest, Mark Gitenschein, violando dunque diverse leggi federali sul lavoro degli enti diplomatici.
Hunter avrebbe inoltre cercato di influenzare il processo contro l’oligarca rumeno Gabriel Popoviciu, accusato di aver commesso illeciti per un valore di 300 milioni di euro.
Il tribunale rumeno lo aveva comunque giudicato colpevole, ma è riuscito a tornare all’Alta Corte di Londra.
Hunter avrebbe ricevuto, sempre secondo la Fox, 3 milioni di dollari per i suoi servizi. Oltre a ciò il diplomatico, che ha agevolato gli affari della famiglia Biden a in Romania, è stato promosso: Mark Gitenstein lavora ora come ambasciatore degli Stati Uniti presso l’Unione Europea ed è responsabile di tutta la politica americana verso l’Europa.
Ecco un altro stupendo risultato della meritocrazia nella democrazia euro-atlantica.
i bidet una famiglia di tossici , speculatori e usurai.