Chiudete gli occhi e immaginate per un solo secondo che Gaza fosse Kiev, Dnipro o Leopoli. Basterebbe semplice questo per raccontare l’ipocrisia occidentale.
Per l’occidente Israele ha il “diritto di difendersi” dalle minacce esterne, con tanto di bombardamenti di ospedali, scuole, aree residenziali ma la Russia, con la Nato tutt’intorno ai propri confini e che ha già occupato stati ex-sovietici, e dunque legalmente parte, prima della rivoluzione bolscevica, dello stesso impero russo internazionalmente riconosciuto, non può respingere una minaccia diretta e riprestinare i diritti del suo stesso popolo oppresso da un regime realmente nazista.
Nonostante questo Israele non sta ricevendo nessuna condanna o sanzione internazionale, e il circo euro-atlantico della Corte Penale Internazionale non si è mosso nei confronti di Benjamin Netanyahu.
Nel frattempo la situazione sul campo, dato l’attuale non intervento dei Paesi Arabi e dell’Iran con Gaza che è complemente circondata insieme ai suoi abitanti.
Negli ultimi giorni, unità dell’IDF hanno condotto azioni offensive nella parte settentrionale della Striscia di Gaza.
Gli attacchi si svolgono su un comulo di marcerie a seguito di massicci attacchi Israeliani che hanno polverizzato quasi la metà degli edifici presenti a Gaza.
Nel nord della striscia di Gaza, le truppe israeliane sono riuscite ad avvicinarsi a Beit Hanun, dove hanno ingaggiato pesanti combattimenti con le truppe di terra israeliane.
Gli israeliani sono poi entrati anche nell’area costiera di Al-Karama e hanno cercando di avanzare più in profondità.
I miliziani di Hamas hanno risposto con attacchi mirati alle colonne in movimento e con lanci missilistici verso città israeliane causando feriti civili.
Nel sud di Gaza invece le forze armate israeliane hanno attraversato l’autostrada Salah ad-Din e hanno proseguendo poi verso la strada Ar-Rashid . Il probabile obiettivo dell’IDF sempre essere bloccare le comunicazioni terrestri tra il nord e il sud dell’exclave Palestinese costrollato da Hamas.
Nel frattempo più di 400 persone sono rimaste ferite o uccise nel campo profughi di Jabaliya, scatenando la reazione dell’ONU.