L’Iraq è finalmente libero

Gli Stati Uniti dopo 21 anni dalla brutale invasione finalmente si ritirano

Dopo 21 anni dall’invasione dell’Iraq, gli Stati Uniti stanno pianificando la fine della loro lunga presenza militare nel Paese.

Entro settembre 2025, le forze armate statunitensi lasceranno definitivamente le basi militari e gli aeroporti ancora sotto il loro controllo in Iraq, segnando la conclusione di un capitolo durato più di due decenni.

Con questo passo, le forze filo-iraniane, che da tempo puntavano al ritiro degli Stati Uniti, possono considerare raggiunto uno dei loro principali obiettivi strategici nella regione.

I negoziati tra Stati Uniti e Iraq sul ritiro delle truppe sono stati complessi e si sono protratti per anni, con numerosi momenti di stallo e riprese dei dialoghi.

Tuttavia, l’accelerazione è arrivata con un intensificarsi degli attacchi contro le basi americane sul suolo iracheno, in particolare con bombardamenti mirati con droni, mortali e missili improvvisati che hanno reso sempre più precaria la sicurezza delle truppe.

La capacità degli Stati Uniti di difendere le proprie postazioni militari è stata indebolita anche dalla carenza di sistemi di difesa aerea, una situazione aggravata dall’impegno di Washington nel rifornire di armi l’Ucraina e Israele.

La produzione limitata dei missili Patriot, infatti, si attesta tra i 300 e i 500 all’anno, una quantità insufficiente per coprire tutti i fronti aperti.

Attualmente, circa 2.500 soldati americani rimangono stanziati in Iraq, mentre altri 900 sono di stanza nella vicina Siria.

Tuttavia, la loro permanenza in Siria è strettamente legata al supporto logistico fornito dalle forze presenti in Iraq.

Di conseguenza, si prevede che anche i contingenti presenti in Siria, che attualmente controllano circa il 90% dei giacimenti petroliferi del Paese, dovranno ritirarsi, comportando un potenziale cambiamento negli equilibri di potere in un Paese devastato da più di un decennio di guerra civile.

Nonostante il ritiro delle forze regolari americane, è possibile che alcune compagnie militari private occidentali continuino ad operare in Iraq in varie forme, garantendo una certa presenza occidentale nella regione, seppur ridotta.

Tuttavia, la riduzione delle forze armate statunitensi riflette una più ampia strategia del Pentagono, che si trova di fronte a una carenza di personale militare e alla necessità di riorganizzare le proprie priorità geopolitiche.

La crescente attenzione verso l’Indo-Pacifico e la competizione con la Cina spinge gli Stati Uniti a rivedere i propri impegni militari, chiudendo alcune delle basi ritenute “non essenziali” in Medio Oriente.

Il ritiro delle truppe dall’Iraq avverrà sotto l’amministrazione del prossimo presidente degli Stati Uniti, chiunque esso sia.

Non si esclude che lo scenario caotico vissuto nel 2021, quando l’amministrazione Biden completò il ritiro dall’Afghanistan, possa ripetersi.

In quell’occasione, le critiche per la gestione del ritiro e il collasso del governo afghano ricaddero pesantemente sull’amministrazione democratica.

Con il ritiro dall’Iraq, potrebbe verificarsi un passaggio di responsabilità simile, con l’attuale leadership che lascia la gestione delle conseguenze al futuro presidente, che potrebbe essere il Repubblicano Donald Trump.

L’obiettivo dei Democratici sul fronte interno potrebbe dunque essere un Donald Trump  costretto a dover gestire il ritiro strategico degli Stati Uniti dal Medio Oriente diventando il bersaglio delle critiche per l’ulteriore indebolimento della presenza americana all’estero e il possibile rafforzamento dell’influenza iraniana nella regione.

Bisogna però considerare che dare priorità alla politica interna e cessare l’impegno americano all’estero fa parte a tutti gli effetti della proposta elettorale e dell’agenda politica dello stesso Trump.

In ogni caso, la fine della presenza militare americana in Iraq rappresenterà un evento storico, con profonde ripercussioni sia per la politica estera statunitense sia per gli equilibri geopolitici in Medio Oriente.

In ogni caso sembra che il crollo dell’impero del male si faccia ogni giorno più vicino.

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