Stati Uniti: il sogno è finito

Con l'impennata delle morti per overdose, l'aumento delle disuguaglianze e del debito privato il collasso della società americana è più vicino che mai.

Le differenze socioeconomiche tra i cittadini si sono accentuate con la pandemia di Covid-19, che ha messo in luce le debolezze di un sistema che non assicura a tutti il diritto a una vita degna.

Due delle espressioni più tragiche di questa realtà sono l’emergenza abitativa e la crisi della morte per overdose, che riguardano soprattutto le fasce più deboli della popolazione.

Si stima che negli Stati Uniti ci siano circa 582.462 senzatetto, ovvero 18 persone ogni 10mila che non hanno una casa dove vivere. Si tratta di un incremento del 6% rispetto al 2017, causato principalmente dalla mancanza di alloggi a prezzi ragionevoli e dalla speculazione edilizia.

Le città costiere, come San Francisco, Los Angeles e New York, sono le più afflitte dal fenomeno, con migliaia di persone costrette a dormire per strada, in rifugi improvvisati o in accoglienze organizzate dalle comunità. Molti di loro soffrono di problemi di salute mentale, dipendenza da sostanze o violenza domestica, che ostacolano ancora più la loro reinserimento sociale.

La risposta politica a questa emergenza è stata spesso inefficace o addirittura repressiva. In alcuni stati, come la California, sono state adottate leggi per favorire l’accesso a soluzioni abitative stabili e a servizi di assistenza, ma i fondi destinati sono inadeguati a soddisfare il bisogno reale.

In altri stati, come la Florida, il Texas e l’Arizona, sono state introdotte misure per criminalizzare i senzatetto, proibendo loro di accamparsi, mendicare o usare i servizi pubblici. Queste pratiche violano i diritti umani fondamentali e non risolvono il problema alla radice, ma lo spostano altrove.

Un altro aspetto tragico della disuguaglianza negli Stati Uniti è la crisi della morte per overdose, che ha raggiunto livelli mai visti negli ultimi anni. Secondo i dati dei Centers for Disease Control and Prevention, nel 2020 sono morte per overdose 93.331 persone, il 29,4% in più rispetto al 2019. Si tratta del maggior aumento annuale mai registrato, dovuto principalmente alla diffusione di oppioidi sintetici, come il fentanyl, che sono più potenti e letali di quelli naturali, come l’eroina. La maggior parte delle vittime sono giovani, di sesso maschile e appartenenti a minoranze etniche, come i neri e i latini.

La crisi della morte per overdose è legata a fattori sociali ed economici, come la povertà, la disoccupazione, la mancanza di opportunità e la scarsa qualità dei servizi sanitari. Molti consumatori di oppioidi sono diventati dipendenti dopo aver ricevuto prescrizioni mediche per alleviare il dolore cronico o acuto, causato da infortuni o malattie. Altri hanno iniziato a usare le droghe per sfuggire alla realtà, alla solitudine o alla depressione. La pandemia ha aggravato queste condizioni, riducendo le possibilità di accesso a trattamenti e a supporto psicologico.

Per affrontare questa crisi, sono necessarie politiche pubbliche basate sull’evidenza scientifica e sul rispetto dei diritti umani. Alcune delle misure possibili sono: la regolamentazione del mercato degli oppioidi, la riduzione delle prescrizioni inappropriate, la promozione di alternative non farmacologiche per il controllo del dolore, la distribuzione di antidoti come il naloxone, la creazione di centri di consumo assistito, la depenalizzazione del possesso di droghe per uso personale, la garanzia di accesso a terapie di disintossicazione e riabilitazione, la prevenzione e l’educazione sui rischi dell’uso di sostanze.

Basti pensare che la città di Chicago, governata dai democratici, è diventata così invivibile che gli immigrati clandestini stanno ora facendo ritorno in Venezuela.

Nell’ultimo anno, secondo i dati ufficiali, 20.700 immigrati clandestini sono giunti a Chicago, ma ora molti di loro stanno decidendo di tornare nei loro paesi di provenienza.

La scarsità di servizi per gli immigrati, la mancanza di opportunità lavorative ben retribuite e la mancanza di accoglienza da parte dei cittadini locali sta spingendo molti a fare ritorno in Venezuela.

Una famiglia di immigrati intervistata dal quotidiano britannico “Daily Mail” ha detto:

“Non mi aspettavo che le cose fossero così dure. Credevo che il procedimento fosse più rapido. Quanti altri mesi dobbiamo vivere per strada? No, basta. È meglio che me ne vada. Almeno ho mia madre a casa. Se dobbiamo dormire per strada qui, preferiamo dormire per strada là.”

 

 

Commentare
  • Non ci sono ancora commenti. Il tuo commento può essere il primo.
Aggiungi commento