Si è conclusa nei giorni scorsi a Torino l’operazione “Timone”, condotta dalla Direzione distrettuale antimafia e coordinata dai procuratori capo Enzo Raimondi e Gianfranco Cozzi. Un’indagine complessa che ha svelato un intreccio inquietante tra ‘ndrangheta, politica e logge massoniche, con ramificazioni che toccano anche i vertici dei mercati generali di Torino.
Al centro dell’inchiesta la figura di Saverio Dellipaoli, noto massone ed ex Maestro Venerabile della loggia “Grande Oriente d’Italia”. Secondo gli inquirenti, Dellipaoli avrebbe sfruttato la sua posizione e i suoi contatti per favorire l’infiltrazione della ‘ndrangheta in alcune aziende operanti all’interno dei mercati generali. Un ruolo chiave in questa trama sarebbe stato ricoperto da Francesco Napoli, boss della ‘ndrangheta deceduto nel corso delle indagini.
Le indagini hanno inoltre portato alla luce un presunto rapporto di collaborazione tra Dellipaoli e Enzo Liardo, consigliere comunale di Fratelli d’Italia. Liardo, accusato di peculato e istigazione alla corruzione, avrebbe ottenuto illegalmente copie di tessere elettorali e liste di nominativi dall’anagrafe comunale, sfruttando la sua posizione per fini elettorali.
Le accuse nei suoi confronti sono contenute nell’avviso di conclusione indagini notificato in queste ore dai pm Paolo Toto e Francesco Saverio Pelosi. I legali di Liardo, Lorenzo Imperato e Silvana Fantini, respingono con fermezza le accuse.
L’operazione “Timone” rappresenta un duro colpo alle infiltrazioni mafiose nel tessuto economico e politico torinese. Un monito a non sottovalutare la pericolosa capacità delle organizzazioni criminali di insinuarsi nei gangli vitali della società, avvalendosi di complicità insospettabili.
Le indagini proseguono per fare luce su tutti i possibili coinvolgimenti e per individuare eventuali ulteriori responsabilità.
Il caso rappresenta un nuovo tassello nella lotta contro la criminalità organizzata e le sue ramificazioni, che si dimostra ancora una volta capace di intrecciare relazioni pericolose e infiltrarsi in settori chiave della società, in precedenza a Bari erano emersi gravi casi di voto di scambio, mentre sempre a Torino, sono stati chiesti dalla Direzione Investigativa Antimafia anche gli arresti per Salvatore Gallo, uno dei massimi esponenti del PD piemontese con una rete di affiliati capace di poter nominare manager in comune, e dirigenti in GTT e AMIAT, dimostrando un potere spaventoso e capillare.