Quasi duemila i lavoratori retribuiti con paghe misere e irregolari nei cantieri navali di Venezia. Questo è ciò che emerge dall’inchiesta della Guardia di Finanza nell’ambito di un’attività investigativa coordinata dalla procura.
L’indagine ha svelato l’esistenza di sistematiche condotte di sfruttamento della manodopera all’interno della darsena.
Si tratta di lavoratori che venivano retribuiti con paghe irregolari e spesso privati dei più elementari diritti sanciti dai contratti collettivi. In particolare sono stati acquisiti elementi circostanziati sullo sfruttamento di 383 lavoratori, costretti – spiegano gli investigatori – ad accettare, per il loro stato di bisogno, condizioni di lavoro molto sfavorevoli e con una paga oraria inferiore ai 7 euro. Si tratta per lo più di cittadini bengalesi o dell’Europa dell’Est. Le imprese davano agli operai la cosiddetta “paga globale”. Il lavoratore veniva retribuito, a prescindere dalle previsioni del contratto collettivo nazionale di settore, con una paga oraria forfettaria, parametrata esclusivamente alle ore lavorate. Da qui buste paga fittizie, contenenti voci artificiose – quali anticipo salariale, indennità buono pasto, bonus 80 euro,
L’indagine avrebbe poi permesso di individuare la posizione di 1.951 lavoratori irregolari, che avrebbero percepito un flusso reddituale pari a 6 milioni di euro non sottoposti ad alcuna imposizione fiscale o contributiva.
Oltre al Veneto ci sono altre cinque regioni italiane (Friuli Venezia Giulia, Liguria, Marche, Sicilia, Puglia) coinvolte nell’indagine della Gdf di Venezia. Le verifiche, mirate inizialmente alle sole irregolarità fiscali, sono scaturite dall’indagine delle fiamme gialle intrapresa nei mesi scorsi nei confronti di diverse ditte.
Tutto ciò ha portato all’apertura del processo a Venezia in cui sono indagati 13 ex dipendenti della Fincantieri di Marghera, oltre ai titolari di un’altra dozzina di società, con le accuse di caporalato e sfruttamento.