Rischia un anno e dieci mesi di carcere il noto virologo Massimo Galli, ex primario dell’ospedale Sacco di Milano, per un presunto concorso truccato all’Università Statale. La richiesta di condanna, avanzata dai pm milanesi Carlo Scalas e Eugenia Baj Macario al termine della requisitoria, getta un’ombra inquietante sul mondo accademico e rappresenta un monito preoccupante sulla diffusione di illeciti all’interno delle università italiane.
Le accuse mosse contro Galli, figura di spicco durante la pandemia da Covid-19, riguardano un concorso del 2020 per il ruolo di professore di seconda fascia in malattie cutanee, infettive e dell’apparato digerente, vinto dal suo ex collaboratore Agostino Riva. Secondo la Procura, Galli avrebbe orchestrato il tutto, “ritagliando” il bando su misura per Riva e definendo criteri valutativi predefiniti a suo vantaggio.
Le intercettazioni tra i due, rese note in aula, sembrerebbero confermare la tesi accusatoria. In una conversazione, Galli avrebbe definito Riva “il mio candidato” e avrebbe espresso la sua volontà di “blindare” il concorso. L’altro candidato, ha spiegato il pm Scalas, “aveva capito che andare contro Galli significava andare contro una macchina mediatica”, paragonando la situazione a una sfida contro “Maradona a Napoli”.
Il caso di Galli e Riva non è isolato. Negli ultimi anni, diverse inchieste hanno portato alla luce illeciti simili in atenei di tutta Italia, evidenziando la necessità di rafforzare i controlli e di garantire la massima trasparenza nelle procedure di selezione del personale universitario.
Oltre alle pesanti richieste di condanna per Galli e Riva (rispettivamente un anno e dieci mesi e un anno e sei mesi), il processo ha sollevato diverse questioni di carattere etico e giuridico.
In primis, emerge come la figura di Galli, personaggio pubblico di grande rilievo, che avrebbe abusato della sua posizione per favorire un proprio collaboratore. Il suo ruolo di virologo di fama nazionale avrebbe potuto influenzare le decisioni della commissione di concorso, creando un clima di intimidazione per gli altri candidati.
Appare poi evidente come i criteri valutativi spesso non siano sufficientemente chiari e oggettivi, lasciando spazio a discrezionalità e potenziali favoritismi.
Le università hanno il dovere di garantire che le cattedre vengano assegnate ai candidati più meritevoli, indipendentemente da relazioni personali o interessi di parte.
Il processo a Galli e Riva è ancora in corso e la sentenza è attesa per giugno. Indipendentemente dall’esito del giudizio, il caso rappresenta un monito importante per il mondo accademico italiano, che deve impegnarsi a contrastare con decisione ogni forma di malaffare e a tutelare la propria immagine di serietà e prestigio.