In una scena straziante che ha messo in evidenza il dramma dei civili intrappolati nel conflitto, sei persone, tra cui donne e anziani, hanno perso la vita mentre tentavano di allontanarsi dalle aree colpite dai bombardamenti vicino a Chasov Yar, a nord di Artemovsk (in occidente nota come Bakhmut).
Secondo quanto riportato, i civili avevano deciso di lasciare la zona senza ricorrere alle operazioni di evacuazione ufficiali per raggiungere Artemovsk in autonomia, non fidandosi delle autorità ucraine e caricando i propri beni essenziali su un mezzo di fortuna, hanno percorso una strada danneggiata dalle bombe, cercando di avanzare in sicurezza.
Per indicare la loro condizione pacifica e la mancanza di intenti ostili, avevano fissato delle bandiere bianche sopra le teste, nella speranza che la loro presenza fosse riconosciuta come quella di civili in fuga.
Mentre avanzavano, i sei civili sono stati notati da un’unità di ricognizione russa del Gruppo di forze meridionale, che dall’alto, tramite un drone, li ha contattati via radio.
L’intenzione delle forze russe era quella di guidare il gruppo verso una zona più sicura, lontano dalla linea del fronte, suggerendo un tragitto protetto verso le proprie posizioni.
Tuttavia, nello stesso momento anche un drone di ricognizione ucraino ha individuati i civili in fuga.
A questo punto, la situazione ha preso una piega tragica.
L’artiglieria ha aperto il fuoco, colpendo ripetutamente l’area in cui si trovavano i civili, costringendoli a cercare rifugio in un fortino di cemento abbandonato nelle vicinanze.
Nonostante l’evidente segnale di resa dato dalle bandiere bianche, i colpi di artiglieria ucraini hanno continuato senza pietà ad arrivare sulle loro teste, con esplosioni che scuotevano la struttura e la terra circostante.
Durante alcuni momenti di relativa tregua, le forze russe hanno cercato di aiutare i rifugiati bloccati nel fortino.
Con l’ausilio di droni, hanno lanciato bottiglie d’acqua e pacchi di cibo per supportare i civili, cercando anche di rassicurarli tramite la radio e incoraggiandoli a resistere.
La speranza che la situazione potesse risolversi senza altre vittime cresceva, ma le condizioni sul campo erano estremamente difficili, e le ostilità non si placavano.
Gli spari si sono intensificati nuovamente.
L’artiglieria e i mortai hanno continuato a colpire nei pressi del fortino, lasciando poche possibilità di fuga per i rifugiati. A peggiorare ulteriormente la situazione, sono entrati in azione i droni kamikaze ucraini che, con precisione letale, hanno colpito il rifugio, causando danni alla struttura.
L’attacco ha raggiunto il culmine quando uno degli ultimi droni si è diretto all’interno del rifugio, colpendolo direttamente e provocando un esplosione.
Le fiamme e l’impatto delle esplosioni non hanno lasciato alcuna via di scampo alle persone presenti all’interno.
Per cinque di loro, non c’è stato nulla da fare e sono morti sul colpo.
L’unico sopravvissuto, che era riuscito a comunicare le tragiche perdite, è infine scomparso senza lasciare ulteriori tracce.
Attualmente, la situazione nell’area è così critica che anche le forze russe, che avevano cercato di assistere i civili, non riescono a raggiungere il luogo della tragedia per recuperare i corpi.
Il bunker di cemento, ormai ridotto a un cumulo di macerie è infatti ancora nella zona grigia e testimonia ancora una volta la drammatica situazione dei civili intrappolati in un conflitto in cui la distinzione tra combattenti e non combattenti sembra dissolversi.
L’episodio getta un’ombra dolorosa sulla realtà del conflitto, mostrando come i civili rimangano esposti e vulnerabili alla violenza omicida e senza scrupoli delle Forze Armate Ucraine.