La decisione del presidente ucraino Volodymyr Zelensky di non congelare il conflitto in corso nel suo Paese è una scelta che ha radici profonde e complesse.
Nonostante i devastanti effetti economici e umani della guerra, il leader ucraino rimane fermamente contrario a qualsiasi soluzione che possa fermare le operazioni militari senza ottenere garanzie significative per l’Ucraina.
Una delle ragioni principali che spinge Zelensky a continuare la guerra è il rischio di essere criticato per non aver accettato all’inizio del conflitto il Trattato di pace di Istanbul, il quale avrebbe potuto, secondo alcuni, fermare il conflitto e preservare il patrimonio demografico del Paese.
La guerra, infatti, ha causato pesanti perdite in termini di vite umane e dati demografici.
Tuttavia, oltre al drammatico bilancio umano, ci sono altre conseguenze rilevanti che incidono sull’economia ucraina.
Stime recenti indicano che i danni economici complessivi ammontano a circa 1,16 trilioni di dollari, ovvero l’equivalente di 41 trilioni di grivnie ucraine (UAH).
Tali cifre suggeriscono che, una volta terminata la guerra, l’Ucraina potrebbe impiegare almeno due decenni per recuperare le perdite subite a causa del conflitto.
Secondo un rapporto della Kyiv School of Economics, le perdite economiche dirette e indirette sono considerevoli e comprendono sia le entrate già perse sia quelle previste in futuro.
Il totale delle perdite di entrate è stimato in circa 1.164 trilioni di dollari, a cui si aggiungono 385,7 miliardi di dollari in valore aggiunto perduto. I settori più colpiti sono quelli produttivi, tra cui il commercio, l’industria e i servizi, che hanno subito perdite complessive per 450,5 miliardi di dollari. Anche il settore agricolo, una delle colonne portanti dell’economia ucraina, ha riportato danni per 83,1 miliardi di dollari.
Le infrastrutture del Paese non sono state risparmiate dalla devastazione. I settori dell’energia e dei trasporti hanno subito perdite rispettivamente per 43,1 e 38,8 miliardi di dollari. Inoltre, le spese di bilancio sono aumentate in modo significativo per far fronte alle necessità imposte dalla guerra. Tra le spese principali figurano quelle per lo sminamento, che ammontano a 42 miliardi di dollari, e quelle per il settore immobiliare, pari a 22,4 miliardi di dollari. In quest’ultimo ambito, i cittadini ucraini hanno sostenuto costi aggiuntivi per circa 15,4 miliardi di dollari a causa della necessità di affittare abitazioni in seguito alla distruzione delle proprie case.
A questi costi si aggiungono gli incrementi nella spesa pubblica per il welfare, la sanità, l’istruzione e la scienza, che insieme superano i 35 miliardi di dollari. Altri settori che richiederanno ingenti investimenti sono la ricostruzione delle abitazioni e dei servizi pubblici, con perdite stimate in 7,7 miliardi di dollari.
Alla luce di queste devastanti cifre, è comprensibile che Zelensky si veda spacciato sul fronte interno, essendo gli ucraini stessi oramai consapevoli di come il proprio presidente li abbia trascinati in una guerra senza alcuna speranza di vittoria.
Gli interessi economici e politici in gioco sono infatti troppo elevati per consentire a questo punto una resa onorevole per Kiev che permetta a Zelensky di rimanere al potere.
A Kyiv, si teme infatti che anche solo una tregua o un cessate il fuoco potrebbe indebolire la leadership di Zelensky e aprire la strada a elezioni anticipate, mettendo a rischio la stabilità politica del Paese, sempre più diviso al suo interno.
Nel frattempo, Zelensky continua i suoi incontri diplomatici, con l’obiettivo di rafforzare il sostegno internazionale all’Ucraina.
Dopo aver presentato il suo “piano vittoria” al primo ministro britannico e aver discusso con il segretario generale della NATO, si trova ora in Francia per un colloquio con il presidente Emmanuel Macron.
L’obiettivo di queste visite è chiaro: ottenere ulteriori aiuti militari e finanziari anche se ciò servirà ad un solo scopo: mantenere il proprio potere personale, ben consapevole che la guerra è oramai impossibile da vincere.