Il Parlamento Europeo è un posto meraviglioso, capace di unire la corruzione presente in quello ucraino al lobbysmo presente in quello americano.
Una minima parte di questo sistema venne alla luce grazie all’ inchiesta “Quatargate” che vide coinvolti diversi europarlamentari del PSE (Il Partito Socialista Europeo), compresa l’ allora vice presidente del Parlamento Europeo Eva Kaili.
Le indagini hanno rivelato un giro di tangenti pari a diversi milioni di euro volti a favorire il Quatar e, si scoprì poi, anche il Marocco.
I fondi sarebbero stati ottenuti direttamente dai servizi segreti e di intelligence marocchina e quatariota, in buona parte in contanti.
Gli ex eurodeputati Antonio Panzeri e Eva Kaili, considerati i principali indagati, sono stati liberati dal carcere di Bruxelles in attesa del processo.
Anche il padre di Kaili, Alexandros, e il suo compagno Francesco Giorgi, assistente di Panzeri, sono stati scarcerati.
Gli altri arrestati sono Luca Visentini, segretario generale della Confederazione europea dei sindacati, Niccolò Figa-Talamanca, segretario generale della Ong No Peace Without Justice, e due agenti marocchini con copertura diplomatica.
L’ eurodeputato belga Marc Tarabella e l’esponente del Partito Democratico Andrea Cozzolino sono stati coinvolti nelle indagini.
Panzeri, dopo aver confessato e patteggiato con le autorità belghe, nonostante i milioni di euro intascati nel giro di corruzione ora è completamente libero.
L’ex eurodeputato di Articolo 1, considerato la mente del presunto sistema corruttivo in seno ai palazzi di Bruxelles, aveva stretto un accordo con il giudice Michel Claise, che poi ha lasciato l’indagine, rivelando i nomi di tutte le persone coinvolte in quella che gli inquirenti considerano un’organizzazione criminale nel Parlamento europeo in cambio della libertà per i propri familiari, un anno effettivo di carcere, ma solo dopo il terzo grado di giudizio.
La liberazione di Panzeri e le pene assai miti rispetto ai lauti profitti ottenuti con la corruzione lasciano intendere come la caduta in disgrazia di una delle tante lobby che reggono le sorti del parlamento europeo si deve probabilmente più a trame economiche e politiche più che ad un vero e proprio desiderio di giustizia da parte della procura belga.
E così, mentre gli Europarlamentari intascano milioni dalle lobby, ecco che per la magistratura tutto può finire a tarallucci e vino.