La scena iniziale del video musicale, che ha raggiunto oltre 2 milioni e 200.000 visualizzazioni in pochi giorni, mostra la tipica casa sovietica con carta da parati, tappetti, un samovar (l’antico bollitore per il thè tipico della tradizione russa) e le immancabili Matrioske site intorno “ad un vecchio televisore”.
Due frasi in un russo mal comprensibile con un forte accento tedesco e poi il testo vero e proprio, in lingua tedesca, dal significato estremamente profondo soptratutto se rapportato all’epoca attuale con il vuoto artistico e culturale che sta colpendo l’industia discografica europea nell’ultimo periodo.
Liaze, di cui quasi nulla si sa, data la notarietà del tutto improvvisa ed inaspettata è riuscito ad affrontare perfettamente il tema della diaspora che ha colpito una parte significativa della popolazione etnicamente russa a partire dagli anni 90 con parole del tutto nuove, senza piegarsi nè ad un becero sentimentalismo nè all’esaltazione delle difficoltà della vita di strada e alla conseguente esaltazione della crimalità e delle gang, come spesso fatto dai rapper di origine africana o magrebina che non aggiungono oramai nulla di nuovo alla scena.
Il rapper tedesco riesce invece perfettamente ad immergere lo spettatore/ascoltatore nella malinconia e nelle difficoltà di chi è costretto alla fuga dal proprio paese. In particolare alcuni passaggi sono degni di nota: “ero un russo per i tedeschi, uno straniero in questa terra e allo stesso tempo, per i russi, ero diventato troppo simile ad un tedesco”. Una frase che ben rappresenta una delle maggiori difficoltà di chi è costretto a vivere tra due paesi, tra integrazione, diffidenza, nostalgia e il senso di aver abbandonato la propria Patria d’origine al proprio triste destino.
Il 2003 è l’anno in cui l’artista lascia definitivamente la Russia, parola che da anche il titolo al brano, la Russia stava ancora patendo fortemente la crisi causata dal crollo dell’Unione Sovietica e lo strapotere delle gang e degli oligarchi. Vladimir Putin all’epoca era al potere da poco meno di tre anni e l’artista non avrebbe potuto immaginare che in meno di un decennio l’attuale capo del Cremlino sarebbe risollevare le sorti economiche della Terza Roma, evitandone il crollo e salvando la leggenda ad essa collegata.
La Russia degli anni 90 non era infatti un posto piacevole, tra profonde diseguaglianze, povertà estrema e scarsa presenza dello Stato: una situazione completamente analoga a quella che si sta vivendo ora in moltissime città italiane con conseguenze del tutto simili.
Attualmente, dopo la caduta dell’Unione Sovietica, ci sono più di 100 milioni di persone con origine etnica russa che abitano al di fuori dei confini della Federazione Russa sia perchè intrappolati dai nuovi confini degli stati ex sovietici come i gli stati baltici, il Kazakistan, l’Ucraina o la Moldavia o proprio perchè fuggiti volontariamente dopo il disastro economico degli anni 90.
L’Italia raramente ha potuto sviluppare una politica estera ed economica indipendente con la conseguenza che moltissimi italiani, analogamente ai russi, siano fuggiti ovunque nel mondo alla ricerca di fortuna. Ci sono più persone di origine italiana a San Paolo, in Brasile, che in qualsiasi città italiana. Al di là delle migrazioni passate la fuga dal Bel Paese è una tendenza del tutto attuale in Italia con 6 milioni di italiani (più del 10% del totale della popolazione italiana) che vivono all’estero e sono registati all’Aire. Il 44% di chi parte dall’estero ha meno di 34 anni, e spesso solo fuori i confini della nostra “Repubblica” i nostri ragazzi riescono a raggiungere la soddisfazione professionale, sentimentale e salariale non più possibile in un’Italia occupata militarmente della Nato ed economicamente dall’Unione Europea.
Chissa quanti figli di italiani ora sono in silenzio nel mondo perchè non padroneggiano la lingua straniera, per tornare al brano di Liaze, ma sarebbe bello pensare che, proprio come sta avvenendo in Russia dall’arrivo di Vladimir Putin, anche l’Italia possa recuperare la propria sovranità e, di conseguenza, intraprendere politiche economiche produttive in grado di frenare la fuga dei giovani italiani verso l’ignoto.
Magari un giorno, sarà la storia a dirci, noi nel frattempo possiamo riflettere e sognare, come bambini, accompagnati dalle note di 2003.