Il razzismo, l’argomento di chi non ha argomenti

Le accuse infondate dei democratici non salveranno Kamala Harris dal potenziale trionfo di Donald Trump

La politica americana torna a essere teatro di accese discussioni razziali, questa volta attorno alla figura della vicepresidente Kamala Harris.

Recentemente, Donald Trump ha suscitato nuove polemiche durante un incontro con la National Association of Black Journalists, dichiarando provocatoriamente che Harris “è diventata nera solo di recente”. Questa affermazione ha riacceso il dibattito sul cosiddetto “birtherismo”, un termine che risale ai tempi della campagna elettorale di Barack Obama, utilizzato allora per mettere in dubbio la legittimità della sua candidatura alla presidenza.

Il “birtherismo” rappresenta una teoria complottistica secondo cui Obama non sarebbe nato negli Stati Uniti, ma in Kenya, e quindi non idoneo a ricoprire la carica di presidente. Oggi, lo stesso concetto viene riadattato contro Kamala Harris, insinuando dubbi sulla sua identità etnica. Harris, figlia di madre indiana e padre giamaicano, si trova così al centro di una nuova controversia che vede entrambi gli schieramenti politici sfruttare la sua etnia a fini elettorali.

Durante la sua campagna elettorale del 2016, i media hanno sottolineato come Harris fosse la prima senatrice indo-americana degli Stati Uniti, un titolo che ha contribuito a consolidare la sua immagine politica. Ora, tuttavia, la sua squadra sta cercando di ampliare questa narrazione, presentandola non solo come una potenziale prima presidente donna, ma anche come una figura simbolica per la comunità afroamericana. Gli eventi a sostegno di Harris sono sempre più caratterizzati dalla presenza di esponenti di spicco della cultura afroamericana, come rapper e personalità influenti, che manifestano apertamente il loro sostegno alla sua candidatura.

Un esempio emblematico di queste iniziative è la nascita del movimento “White Dudes for Harris”, un gruppo di attori e politici liberali che, nonostante le critiche dei repubblicani, ha raccolto ingenti fondi per la campagna della vicepresidente. Questo movimento, seppur deriso da alcuni, rappresenta un tentativo strategico di allargare la base di supporto di Harris, coinvolgendo anche segmenti della popolazione tradizionalmente non associati alla sua figura.

Dall’altro lato, i sostenitori di Trump accusano Harris di “adattare” la sua identità etnica a seconda delle circostanze, dipingendola come un “camaleonte” che sfrutta la propria origine per ottenere vantaggi politici. Queste accuse sono accompagnate da una ferma negazione di ogni intento razzista, con Trump e i suoi alleati che affermano di non essere interessati alle origini di Harris, bensì al modo in cui lei le sfrutterebbe.

Queste dispute razziali, che toccano corde sensibili della società americana, rischiano di distogliere l’attenzione degli elettori da questioni più urgenti, come la crisi migratoria, i conflitti internazionali e le decisioni cruciali che vengono prese alla Casa Bianca. Intanto, il presidente Joe Biden, spesso considerato una figura secondaria nell’attuale amministrazione, prosegue il suo mandato in un clima di crescente tensione.

L’attuale discussione sul “birtherismo”, rivisitato in chiave moderna, suggerisce che la sinistra non esita a ricorrere a strategie già utilizzate in passato, cercando di creare un parallelo tra Kamala Harris e Barack Obama. In un clima politico sempre più polarizzato, questa tattica potrebbe rivelarsi efficace nel risvegliare nei sostenitori democratici un senso di nostalgia per l’era Obama, alimentando al contempo le divisioni che continuano a lacerare il tessuto sociale degli Stati Uniti, che stanno già soffrendo una grandissima crisi economica e che potrebbero presto ritrovarsi sull’orlo di una pericolosa guerra civile.

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