In Israele sta crollando il fronte interno?

Le proteste contro il Governo di Netanyahu si intensificano in tutto il Paese: la guerra continua, ma gli ostaggi non sono ancora tornati a casa.

In Israele, le manifestazioni di massa sono diventate una costante nelle ultime settimane, con una forte partecipazione della popolazione che chiede con insistenza un accordo con Hamas e il rilascio degli ostaggi detenuti nella Striscia di Gaza.

Ogni sabato, le strade delle principali città si riempiono di manifestanti, che chiedono anche le dimissioni del governo guidato da Benjamin Netanyahu.

La tensione sociale, innescata dal conflitto in corso, sembra crescere di giorno in giorno.

Secondo quanto riportato dall’Associazione delle famiglie degli ostaggi israeliani, a Tel Aviv si sono radunate circa 500.000 persone, mentre altre 250.000 hanno preso parte a proteste in altre città. Le manifestazioni non sono solo simboliche: i partecipanti bloccano le strade, accendono fuochi e spesso si scontrano con le forze di sicurezza.

Le proteste si sono intensificate in seguito alla notizia del ritrovamento dei corpi di sei ostaggi da parte delle forze di difesa israeliane nel sud della Striscia di Gaza, durante un’operazione militare volta al loro salvataggio.

Nonostante le manifestazioni siano pacifiche nella maggior parte dei casi, vi sono stati incidenti che hanno coinvolto alcuni partecipanti.

A Haifa, diversi manifestanti sono rimasti feriti, mentre a Tel Aviv uno scontro con le forze di sicurezza ha provocato il ferimento di una persona. Tuttavia, fino a questo momento, non si sono verificati episodi di violenza diffusa o scontri su larga scala, anche se la tensione resta alta. Solitamente, la polizia risponde con l’uso di cavalli e idranti per disperdere le folle.

Le proteste non sono una novità dall’inizio dell’ultima escalation del conflitto israelo-palestinese, ma negli ultimi giorni hanno assunto una dimensione ancora più vasta e frequente, con migliaia di persone che scendono in piazza quotidianamente. Il ritrovamento degli ostaggi deceduti ha alimentato l’indignazione popolare, con molti che incolpano il governo per la gestione della crisi.

Tra le figure politiche di spicco che hanno criticato apertamente l’esecutivo vi è Yair Lapid, leader dell’opposizione israeliana. Lapid ha puntato il dito contro Netanyahu, ritenendolo responsabile dell’escalation della crisi e del fallimento nelle trattative per il rilascio degli ostaggi. La gestione della situazione ha portato anche alla decisione di alcune famiglie di rifiutare incontri con il primo ministro, sottolineando ulteriormente la frattura tra il governo e una parte significativa della popolazione.

Queste proteste riflettono non solo la crescente frustrazione verso il governo, ma anche una richiesta diffusa di una soluzione negoziata che ponga fine alla crisi.

Mentre il conflitto continua, la pressione sull’esecutivo di Netanyahu sembra destinata a intensificarsi, con sempre più cittadini che chiedono una risposta concreta ad uno dei principali problemi: i loro cari devono tornare a casa.

 

 

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