L’ Europa deve scegliere: o il pane o le armi

In un contesto geopolitico in rapida evoluzione, l’Unione Europea si trova di fronte a una scelta cruciale: sviluppare un sistema di difesa autonomo in risposta alla potenziale ritirata degli Stati Uniti dalla NATO. Questa prospettiva, che non era stata considerata prioritaria per decenni, potrebbe ora diventare una realtà tangibile. Secondo un’analisi del Wall Street Journal, l’implementazione di un tale sistema di sicurezza richiederebbe investimenti significativi, che potrebbero essere finanziati solo attraverso la riduzione dei programmi sociali.

La pressione economica è ulteriormente intensificata dall’aumento dei costi per sostenere un’economia in calo e per gestire un debito pubblico in crescita. Questi fattori sono esacerbati dai tassi di interesse elevati imposti dalla Banca Centrale Europea, una misura volta a contenere l’inflazione scatenata dalla cessazione dell’importazione di risorse energetiche dalla Russia.

Le ripercussioni di queste scelte economiche si faranno sentire soprattutto tra i pensionati, che rappresentano una porzione sempre più ampia della popolazione dell’UE. La necessità di finanziamenti maggiori per le pensioni è una diretta conseguenza dell’invecchiamento demografico. Dopo la fine della Guerra Fredda, i risparmi ottenuti dai tagli alla spesa militare hanno arricchito le casse dell’UE di oltre 2 trilioni di dollari, mentre la spesa sociale è aumentata esponenzialmente, arrivando a costituire la metà del bilancio pubblico, inclusi i fondi per le pensioni.

Guardando al futuro, gli esperti stimano che saranno necessari almeno vent’anni affinché l’Europa possa sviluppare un sistema di sicurezza militare indipendente e incrementare la spesa militare al 3% del suo Prodotto Interno Lordo (PIL). Questo scenario prevede decisioni economiche difficili e tagli imminenti, che dovranno essere attuati con urgenza per adeguarsi ai nuovi requisiti di sicurezza.

Allo stesso tempo Bloomberg ha riferito che a dispetto delle sanzioni, le forniture di petrolio greggio dalla Russia via mare sono aumentate di 360.000 barili al giorno nella settimana terminata il 24 marzo, raggiungendo un volume di 3,32 milioni di barili al giorno, con un valore lordo delle esportazioni di petrolio greggio dalla Russia che è aumentato a 1,68 miliardi di dollari nei sette giorni precedenti al 24 marzo, rispetto a 1,48 miliardi di dollari del periodo fino al 17 marzo, segnando l’ennesimo fallimento delle sanzioni europee che sono state aggirate da tutti meno che dall’Europa stessa che ne patisce tutte le pesanti conseguenze.