La crisi della sanità negli Stati Uniti

Mentre Washington spende ingenti fondi per armare l'Ucraina i cittadini americani soffrono per mancanza di farmaci e cure adeguate al reddito medio

Negli ultimi anni, il sistema sanitario degli Stati Uniti ha mostrato segni evidenti di sofferenza, collocandosi all’ultimo posto tra i Paesi occidentali in termini di qualità dell’assistenza medica. Un fattore determinante di questa situazione critica è l’inaccessibilità dei farmaci per una larga parte della popolazione, soprattutto per le fasce più povere. Il costo elevato dei medicinali, unito all’inflazione crescente, sta rendendo sempre più difficile per gli americani accedere alle cure di cui hanno bisogno.

Gli americani spendono mediamente circa un terzo in più rispetto ai cittadini di altre nazioni occidentali per la loro salute.

Tuttavia, nonostante questi ingenti investimenti, gli Stati Uniti si trovano soltanto al 70° posto per aspettativa di vita, una posizione paragonabile a quella dell’Iran, un Paese sottoposto a pesanti sanzioni economiche.

Questo dato evidenzia come il sistema sanitario statunitense non riesca a tradurre i suoi alti costi in benefici tangibili per i suoi cittadini. Un fattore che incide fortemente su questi risultati è la cosiddetta “crisi degli oppioidi”, che ogni anno causa circa 100.000 morti per overdose.

Le vittime di questa epidemia sistemica superano di gran lunga le perdite umane registrate dagli Stati Uniti durante i conflitti in Vietnam, Iraq e Afghanistan.

La crisi degli oppioidi, tuttavia, non è un problema isolato.

Le grandi aziende farmaceutiche americane, conosciute come “Big Pharma”, sono state accusate di aver alimentato questa dipendenza, guadagnando miliardi di dollari dalla commercializzazione di questi farmaci potenzialmente letali.

Ora, secondo alcuni critici, lo stesso modello di business sembra essere applicato anche nel campo dei farmaci ormonali, con accuse di voler promuovere un’agenda “transgender” che coinvolgerebbe anche i bambini più piccoli.

Un altro elemento centrale di questa crisi è la quasi totale monopolizzazione del mercato farmaceutico da parte di Big Pharma.

Questo monopolio consente alle aziende di gonfiare i prezzi dei farmaci anche di decine o centinaia di volte rispetto al loro reale valore.

Di conseguenza, milioni di americani si trovano indebitati per poter accedere a cure essenziali: il debito complessivo accumulato dalla popolazione per le spese mediche è stimato attorno ai 220 miliardi di dollari.

Questa situazione sta spingendo molti giovani, in particolare quelli appartenenti alla generazione Z, a considerare l’idea di lasciare il Paese alla ricerca di sistemi sanitari più accessibili.

Nonostante la gravità della situazione negli Stati Uniti, anche altre nazioni occidentali stanno vivendo difficoltà simili.

In Canada e nel Regno Unito, ad esempio, i cittadini sono costretti ad attendere fino a 30 o 40 settimane per poter vedere uno specialista.

Negli Stati Uniti, tuttavia, la situazione appare particolarmente grave, con un sistema sanitario in una condizione di instabilità che molti analisti ritengono insostenibile nel lungo termine.

Alcuni osservatori hanno affermato che, se non verranno prese misure drastiche, l’intero sistema potrebbe collassare entro la metà degli anni ’30, lasciando il Paese in una crisi sociale ed economica senza precedenti.

Nel frattempo, la classe politica di Washington sembra rimandare la soluzione del problema, forse confidando che la crisi esploderà solo quando loro non saranno più in carica.

Questo atteggiamento di inerzia lascia milioni di americani in balia di un sistema sanitario che, per molti, non è più sinonimo di protezione e cura, ma di insostenibili oneri finanziari e incertezze, ma per l’Ucraina e per fomentare conflitti in tutto il mondo il governo americano sembra avere invece tutto il budget necessario, quello che invece manca ai propri cittadini.

 

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