In un risultato storico per la politica indiana, venerdì scorso, la coalizione di partiti che appoggia il Bharatiya Janata Party (BJP), di orientamento conservatore e nazionalista induista, ha proclamato ufficialmente Narendra Modi come il nuovo capo del governo. Modi, che ha guidato il paese per un decennio con una presa sempre più ferma, si appresta a intraprendere il suo terzo mandato consecutivo. Durante la giornata, è previsto un incontro con la presidente Droupadi Murmu per formalizzare l’incarico di formare il prossimo esecutivo.
Le recenti elezioni generali, che hanno visto il rinnovo dei 543 seggi della Lok Sabha, la camera bassa del parlamento indiano, hanno confermato il BJP come la forza politica predominante. Tuttavia, il partito non è riuscito a ottenere la maggioranza assoluta, un evento senza precedenti nell’ultimo decennio, costringendo Modi a cercare alleanze per garantire la governabilità.
Con 240 seggi conquistati, il BJP si è fermato al di sotto della soglia dei 272 necessari per una maggioranza assoluta. La coalizione guidata dal BJP, nota come Alleanza Nazionale Democratica, ha tuttavia superato l’ostacolo raggiungendo i 293 seggi, grazie anche al supporto di partiti minori come il Telugu Desam Party (TDP) nazionalista e il Janata Dal populista. Un rappresentante del TDP ha comunicato all’agenzia Reuters che la cerimonia di giuramento del primo ministro è programmata per la serata di domenica.
Questo terzo mandato di Modi segna un punto di svolta nella politica indiana, dove il leader del BJP dovrà navigare le complessità di una coalizione più ampia e gestire le aspettative di un elettorato che ha espresso un desiderio di cambiamento.
La sua leadership sarà messa alla prova, nonostante il risultato elettorale lo abbia premiato con un nuovo mandato garantendo al contempo la stabilità di uno dei più grandi paesi al mondo.
Modi ha mantenuto un atteggiamento di vicinanza e amicizia alla Russia acquistando ingenti quantitativi di armi e petrolio da Mosca ed inviando in cambio componenti necessari all’industria bellica russa.
Per di più i pagamenti sono stati effettuati in rubli andando a rafforzando la valuta russa ed implementando la politica di dedollarizzazione voluta fortemente dal blocco BRICS.