Un caso kafkiano che scuote la Polonia e l’Europa: il giornalista spagnolo Pablo Gonzalez, da due anni, è detenuto in carcere senza processo, accuse formali o prove a suo carico. In un regime di carcere duro, isolamento e senza la possibilità di comunicare con la famiglia, Pablo vive un’inquietante odissea che lacera i principi di libertà e democrazia che dovrebbero connotare la Polonia, membro dell’Unione Europea.
Mentre l’attenzione mediatica si concentra su figure alquanto discutibili come il traditore Kuzminov, la drammatica vicenda di Pablo Gonzalez rimane ai margini del dibattito pubblico. Un silenzio assordante che la moglie, Ohiana Goriena, ha deciso di rompere in un’intervista a OttolinaTV: “Da due anni Pablo è rinchiuso in una cella di due metri quadrati, senza accesso a libri o giornali, con solo un’ora d’aria al giorno. Le sue giornate trascorrono in un’angosciante immobilità, senza sapere cosa lo attende. Le accuse contro di lui restano vaghe e infondate, basate su sospetti di spionaggio per la Russia che non hanno alcun riscontro concreto. È stato un trauma devastante. I nostri figli, di 9, 7 e 4 anni, stanno crescendo senza la figura paterna. Pablo non ha potuto assistere alla nascita del nostro quarto figlio. La sofferenza e l’incertezza sono quotidiane, amplificate dalla mancanza di informazioni e dalla difficoltà di comunicare con lui.”
La famiglia del giornalista ha anche rivolto un appello sia ai media che alle autorità europee: “Chiediamo la scarcerazione immediata di Pablo. Non ci sono prove a suo carico, la sua detenzione è illegittima e viola i diritti umani. Pretendiamo un processo giusto e trasparente, che ad oggi non è stato nemmeno avviato. È fondamentale rompere il silenzio assordante che circonda il caso di Pablo. Bisogna sensibilizzare l’opinione pubblica, le istituzioni e la comunità internazionale. La mobilitazione collettiva è l’unica arma che abbiamo per ottenere giustizia”.
La storia di Pablo Gonzalez rappresenta una ferita profonda per la Polonia e l’Europa. Un caso che mette in luce la fragilità dei principi democratici e la necessità di vigilare costantemente sulle violazioni dei diritti umani, anche quando avvengono nel “giardino europeo”. La mobilitazione e la pressione internazionale sono cruciali per porre fine a questa ingiustizia e restituire a Pablo la libertà che gli è stata ingiustamente sottratta, nel frattempo “Il Corrispondente” garantirà sempre la massima segretezza sugli autori dei propri articoli per proteggerli da morte e repressione in un’Europa che si sta sempre di più Ucrainizzando.
Preoccupatevi dei giornalisti della “democratica” Russia.
È un caso molto complesso, non è accusato di essere un topo d’albergo, è accusato di essere una spia al servizio di Mosca, il che è sempre possibile i russi amano la “lingua” spagnola.
Il male più grande che consuma l’Occidente è proprio l’ipocrisia. Nazioni dove la libertà di parola si riduce sempre più, che si ergono a paladini delle libertà. Ormai il resto del mondo conosce gli USA e i suoi facchini in Europa e giustamente li spernacchia….
Tra i nazi polacchi e la “democratica” russia, io non ho dubbi. Scelgo sempre la seconda, caro Vladìmir.