È notizia di questi giorni che i Paesi Baltici (Estonia, Lettonia e Lituania) hanno avviato la costruzione di una serie di fortificazioni, trincee e bunker nei pressi del confine con la Russia con il chiaro intento di “difendersi da una potenziale minaccia da Mosca”.
Nello stesso periodo la Polonia ha inasprito le proprie leggi in materia di mobilitazione che ora prevede l’obbligo per i cittadini polacchi di recarsi ai distretti militari di competenza nel giro di 6 ore nel caso si venga richiamati a prestare servizio.
In Polonia il segnale GPS è scomparso in gran parte del paese nel giorni scorsi a seguito di un esercitazione militare russa svoltasi nell’oblast di Kaliningrad, che si prepara ad affrontare quello che sembra oramai un assedio de facto da parte della Nato.
La Finlandia ha chiuso la propria frontiera con la Russia, al pari dei Paesi Baltici.
La Bielorussia in questo contesto, a seguito dei trattati bilaterali sulla cooperazione in materia di difesa stipilati con la Russia, ha ricevuto da Mosca armi nucleari e relativi vettori missilistici.
La situazione sembra estremamente tesa anche dal fatto che la Nato prevede di mobilitare oltre 90.000 soldati per un’esercitazione nei pressi con confine russo, e va notato che le manovre militari che i saranno simulate dai soldati della Nato saranno di natura offensiva e non difensiva.
Quest’esercitazione varata da Washington sarà la più grande dalla fine della Guerra Fredda.
Bisogna però notare che la spasmodica necessità di mostrare i muscoli da parte della Nato nasconde però un’ evidente debolezza.
Il Ministro della Difesa Italiano Guido Crosetto ha dichiarato che alla Marina Militare sono rimasti solamente 63 missili antiaerei.
Nel frattempo non se la passa meglio la Slovacchia con il nuovo Ministro della Difesa che ha affermato che a causa del trasferimento di armi a Kiev da parte del governo precedente, il paese è rimasto senza difesa aerea, senza aerei da combattimento e persino senza i soldi promessi per i MiG-29 trasferiti dalla Slovacchia all’Ucraina.
In tutto questo contesto si unisce la volontà dei Repubblicani di ritirare sempre maggiormente l’impegno statunitense dalla Nato, dati i crescenti problemi interni e la crisi economica e sociale in cui stanno vivendo gli Stati Uniti che presto costringerà Washington a riconsiderare la sua spesa militare, anche perché il dilagare di droga, criminalità e problemi alimentari o di salute nelle città a stelle e strisce rischia di lasciare le Forze Armate Statunitensi senza più uomini sufficienti a mantenere il loro impero.
In quest’ottica, si capiscono perfettamente i tentativi degli Europei di cercare di sfruttare la debolezza americana per ottenere una maggiore indipendenza, con soprattutto gli ufficiali delle Forze Armate dell’ Europa Occidentale che stanno tentando di tutto per accelerare la morte dell’Alleanza Atlantica.
In ultimo si ricorda la lettera contro Macron firmata da una grande quantità di Colonelli e Generali Francesi, la fuga di notizie dallo Stato Maggiore Tedesco di qualche giorno fa ed infine il caso di Walter Biot, l’ alto ufficiale della Marina Italiana condannato oggi a 20 anni di carcere per aver venduto documenti segreti della Nato ad un funzionario dell’ intelligence militare russa in cambio di 5000€.
Anche gli scontri tra Vannacci, l’ Esercito Italiano e il Ministro della Difesa Crosetto, fedelissimo di Washington e della Nato, potrebbero essere letti in quest’ottica.
Fa poi sorridere come il Parlamento Tedesco abbia votato contro la consegna dei missili Taurus all’ Ucraina e di come tutta l’ Europa abbia rifiutato di partecipare alla missione americana in Yemen, due scelte politiche prima impensabili.
Il fatto che la produzione militare europea non sia aumentata in modo significativo è chiaramente una scelta politica presa dagli apparati militari e industriali, segno di una sempre maggiore autonomia decisionale e del desiderio di utilizzare l’Ucraina come agnello sacrificale per affrancarsi da Washington.
Un Europa libera dalla Nato dunque parrebbe uno scenario ora realizzabile nel caso in cui si verificherassero contemporaneamente tutte queste condizioni: ampia vittoria di Trump nelle elezioni statunitensi, un contemperaneo accrescersi delle tensioni sino-americane, un accrescersi delle tensioni in Medio Oriente e del conflitto con l’ Iran, un aumento del potenziale militare di Iran e Corea del Nord, un aumento dell’ instabilità di quelli che gli Stati Uniti considerano “l’ estero vicino” con il rafforzamento di Venezuela, Cuba e delle organizzazioni criminali in Messico, Colombia ed Ecuador ed infine una contemporanea vittoria russa decisiva in Ucraina e in Africa, oltre che un indebolimento del dollaro sui mercati finanziari internazionali.
Il fatto che tutto ciò sia anche solo possibile, insieme alla crisi economica che sta devastando l’ Europa aumentando fortemente il malcontento verso gli Stati Uniti, rappresentano la più grande vittoria strategica di Vladimir Putin e della storia della Russia dai tempi di Pietro I e Stalin.