Entro il 31 marzo l’Italia avrebbe dovuto raggiungere gli obbiettivi, stabilità di concerto con la Commissione, nell’ambito degli investimenti volti a superare la crisi economico-sociale dovuta al Covid-19.
Secondo l’esecutivo UE, Roma sarebbe fortemente deficitaria per quanto concerne l’utilizzo dei fondi comunitari per la ristrutturazione dello Stadio Franchi di Firenze, per la costruzione del Bosco dello Sport di Siena, nonché per la realizzazione di un impianto di riscaldamento alimentato con fonti rinnovabili.
I ritardi del Pnrr rischiano di essere tra i problemi più grandi che il governo Meloni si troverà ad affrontare. Finora la linea comunicativa della maggioranza è stata chiara: la colpa è del governo Draghi.
Al di là delle responsabilità appare però evidente come ora il piano economico, concordato con l’Europa, sia del tutto irrealizzabile secondo i tempi e le modalità precedentemente previste.
L’obbiettivo di Roma, che ritiene impossibile spendere tutti i fondi ricevuti entro la scadenza naturale del 2026, è chiaro: ottenere più tempo, una completa revisione del “Recovery Plan”, far confluire i progetti più a rischio nei “Fondi di Coesione” .
Nel frattempo le dichiarazioni del Ministro per gli Affari Europei Raffaele Fitto non sono di certo un segnale di ottimismo: “Sul Pnrr bisogna essere chiari: alcuni interventi da qui al 30 giugno 2026 non possono essere realizzati, ed è matematico, è scientifico che sia così , dobbiamo dirlo e non aspettare il 2025 per aprire il dibattito su di chi sia la colpa”.
La Corte dei Conti ha espresso martedì alla Camera dati non meno preoccupanti: sono stati spesi solamente 10 miliardi di Euro, con un tasso di attuazione fermo ad un misero 6%, esattamente la metà rispetto agli obiettivi inizialmente concordati e che, se non rispettati, potrebbero portare l’Unione a chiudere i rubinetti della liquidità con esiti devastanti per famiglie e imprese.
L’imperativo è dunque uno solo: fare presto.
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