Con un bilancio statale oramai, come noto, disastroso, regole europee stringenti l’Italia, per fronteggiare le pressioni tedesche e dei paesi “frugali”, sta cercando di tessere alleanze con Francia, Spagna e Grecia con il chiaro obiettivo di ottenere una riforma del patto di stabilità.
Se la mediazione sperata non riuscirà l’Unione Europea constringerá l’Italia a nuove privatizzazione e nuovi sanguinosissimi tagli alla spesa pubblica già ridotta all’osso.
Oltre a ciò un altro importante aspetto messo al centro del viaggio di Meloni ad Atene è spingere l’Unione europea a prendere in considerazione le richieste dei paesi mediterranei sulla gestione dei migranti, ribadendo come Italia e Grecia siano unite in questo obiettivo.
Infine, Meloni, ha curato alcuni dossier economici di non secondaria importaza per le imprese statali italiane in Grecia: in materia di difesa Fincantieri sta partecipando a una gara per le corvette della Marina militare ellenica (un affare da circa 2 miliardi), in concorrenza con la francese Naval Group, per quanto riguarda invece le infrastrutture in Grecia l’azienda dei trasporti di Milano ha ottenuto un contratto da 250 milioni che attraverso Thema, controllata al 51% porterà alla gestione della metropolitana di Salonicco, la prima automatica nel paese.
Infine c’è la tematica delle risorse naturali, con possibilità di importanti giacimenti da esplorare tramite concessioni all’Enel, in zone però contese con la Turchia.
Sul fronte europeo invece nelle ore prima dell’incontro si è diffusa la voce di una bocciatura in arrivo da parte di Bruxelles rispetto alle proposte Italiane ed Elleniche in merito alla flessibilità sulle spese per investimento. Una scarsa comprensione nei confronti di Italia e Grecia che non sorprende visto quanto patito in prima persona proprio da Atene, che ancora si lecca le ferite dopo l’austerità imposta da Bruxelles oramai anni orsono.
L’ Unione Europea si conferma un’istituzione grigia e sorda di cui è scarsamente intuibile l’utilità.
La Commissione, come suo solito, chiede cinico rigore sui bilanci, sulle manovre economiche e sull’allineamento internazionale, per poi girarsi boriosamente dall’altra parte quando i paesi e le popolazioni chiedono di intervenire per migranti, incendi o disoccupazione.
Un grande classico, che però francamente ha già stancato.