La storia è sempre la stessa: appalti pubblici milionari ceduti ad imprenditori disposti a favori o pagare lautamente funzionari pubblici pur di mettere le mani sopra all’ampio profitto garantito dalle opere pubbliche.
A finire nel calderone della corruzione che non risparmi nessuno da destra a sinistra fin dall’inizio della storia recente del nostro paese è questa volta Gabriele Visco, figlio dell’ex Ministro dell’ Economia e delle Finanze Vincenzo Visco.
Due gli imprenditori coinvolti e che sono stati posti agli arresti domiciliari assieme allo stesso Gabriele Visco e ad un avvocato compiacente che ha fatto da tramite cercando di riciclare maldestramente i soldi, perché se essere un politico corrotto dimostra lo scarso amore per il bene pubblico, farsi scoprire in maniera così semplice denota invece un’evidente mancanza di capacità, competenze e astuzia che per un amministratore pubblico dovrebbero essere qualità basilare per assolvere ai propri compiti.
Secondo l’inchiesta del nucleo di polizia valutaria della Guardia Finanza, coordinata dal Pubblico Ministero Giulia Guccione, Gabriele Visco avrebbe garantito a Favellato una gara da 4 milioni e 328mila euro per i lavori della “diga di Ponte Chiauci sul fiume Trigno”, oltre ad altri appalti dal valore di altrettante centinaia di migliaia di euro.
Quello che però denota la grandissima stupidità di Gabriele Visco è il modo in cui il fenomeno corruttivo sistemico è stato articolato.
Visco ha utilizzato per tutto il tempo il suo stesso telefono cellulare e solo dopo ha pensato di poter essere intercettato dalle autorità, e solo a quel punto avrebbe affermato, rivolgendosi agli imprenditori: “Trova qualcuno, rumeno qualcosa, gli fai prendere un numero di telefono e me date il numero, però se me lo fai anche fuori da Roma serve che prendi un operaio. Una scheda illimitata almeno se mi richiamate…”.
Poi Visco avrebbe incontrato gli imprenditori in pubblico ricevendo non solo buste di denaro ma anche olio, pasta e vino, oltre che un iPhone per sua moglie.
Tutto ciò denota una totale e completa ingenuità da parte del figlio del Ministro che ora pagherà la sua “buona fede” con gli arresti domiciliari.
Un qualsiasi funzionario minimamente accorto dovrebbe sapere che tutto ciò che viene detto per telefono o scritto su WhatsApp o sugli altri social viene ascoltato dagli inquirenti e dalle agenzie di intelligence che arrivano a punire i colpevoli in maniera estremamente semplice.